Benvenuti

C'è una verità che spesso dimentichiamo: la vita sul nostro pianeta non può fare a meno degli alberi, della loro capacità straordinaria di nutrire la vita, di riportare equilibrio e armonia dove noi portiamo confusione e inquinamento. Gli alberi sono indispensabili, non solo perché respiriamo grazie a loro, ma anche perché possiedono una sorta di antica saggezza che possiamo apprendere osservandoli e imparando, per quanto possiamo, a imitarli.



Questo è il tema del mio libro ALBERI, ed è anche il tema di questo blog. Sarò felice di leggere i vostri commenti su questo e su tutto quanto riguarda queste straordinarie creature e il nostro rapporto con loro.



Lilly Cacace Rajola



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martedì 19 gennaio 2016

Epidemie


Mi hanno fatto notare che non ho mai parlato della Xylella, il “batterio killer” (sic) che sta decimando gli ulivi pugliesi. Rimedio facendolo ora.
Quando, nel 2013, cominciarono a girare le prime notizie sull’epidemia, il mio primo pensiero andò a un’altra vicenda, quella degli ulivi secolari trafugati dalle campagne pugliesi per poi venderli come ornamenti da giardino in tutta Italia. Sentivo che c’era qualcosa in comune fra le due storie, ma non sapevo ancora cosa.
Nel frattempo l’epidemia si è estesa e ne è nato un braccio di ferro fra i difensori degli alberi e le autorità, che hanno imposto l’eradicazione non solo delle piante infette, ma anche di quelle sane in un raggio di cento metri, radendo così al suolo ettari di campagne dove solo qualche pianta era malata. Finché non li ha fermati la Procura di Lecce, sequestrando  gli ulivi malati e impedendone l’abbattimento fino alla chiusura dell’inchiesta: sembra infatti, da una perizia tecnica, che non sia sufficientemente provato che sia la Xylella da sola a causare la morte degli ulivi, ma che ci siano anche altre cause. Sembra inoltre che la Xylella sia presente in Puglia da molto tempo, tanto da essere mutata in ben nove ceppi diversi. Insomma, i dubbi sono più delle certezze.
Prima e meglio dei periti giudiziari, però, ad aprirmi gli occhi è un mio amico contadino: «Ma quale batterio, ma quale epidemia, la vera malattia è l’incuria!» Il mio amico sa di cosa parla: vignaiolo fin da bambino, ha passato una vita (settanta gagliardissimi anni) a tirare su le parracine, i muretti a secco dei vigneti collinari, rimettendoli in sesto ogni volta che un temporale li scompigliava, per prevenire frane e smottamenti. «Io ci sono stato più volte in quelle campagne pugliesi -dice- ed è un abbandono totale. Il terreno non è mai curato, quel poco di lavoro che fanno lo fanno con trattori e diserbanti, per anni mai una bella zappata, una concimazione col letame, una bella potatura accarezzata... poi tutto insieme tagliano con la motosega, così gli alberi soffrono, e poi si meravigliano se si ammalano». Saggezza popolare: gli esperimenti scientifici più recenti sono arrivati alla stessa conclusione.
Del resto la prova ce l’ho sotto gli occhi. Quando guardo fuori dalla finestra della mia casa di Ischia, vedo una bella palma ondeggiare nel vento. Qualche anno fa, all’epoca dell’infestazione del punteruolo rosso (altro “killer”, ricordate?) era stata data per spacciata, le foglie tutte secche. Ma fu testardamente curata e potata, anche se tutti dicevano che non c’era nulla da fare, e ora sfoggia una bella chioma verdeggiante. Il tronco ha una forma strana, con un rigonfiamento e una strozzatura, ma lei è viva e lo sarà ancora per un bel po’.
Quanto alle eradicazioni a tappeto, a me sono sembrate dal primo momento un’assurdità. Mi ricordano quel film, Virus letale, in cui Dustin Hoffman e Donald Sutherland (militari statunitensi) per bloccare un’epidemia distruggono un villaggio africano, e poi dopo vent’anni il virus rispunta fuori in una cittadina americana e non si sa come combatterlo. Sutherland vorrebbe distruggere la città, ma viene fermato giusto in tempo da Hoffman che, indagando nel centro dell’epidemia, scopre finalmente come curarla. Distruggere l’epicentro di un’epidemia è pericoloso perché proprio lì si trovano le risposte alle domande di chi cerca una cura.
 
Superficialità, incuria, abbandono: eccolo dunque il legame fra la vicenda degli ulivi trafugati e questa della Xylella. Se provi a trafugare una pianta dal vigneto del mio amico contadino, devi vedertela con lui, perché le conosce e le cura una per una. «Siente a mmé -dice- le malattie in campagna ogni tanto vengono, e molte piante muoiono, però se la terra è sana la malattia passa, le piante che non muoiono si riprendono, e in qualche anno tutto torna come prima».
 
Certamente malattie e infestazioni delle piante si sono fatte più frequenti e violente negli ultimi anni, probabilmente a causa dei cambiamenti climatici (provocati da noi) e della cattiva globalizzazione (anche quella colpa nostra) che insieme alle merci fa viaggiare per tutto il globo patogeni un tempo isolati in piccole aree. Ma questo significa solo che dovremo imparare ad avere più cura della terra. Molta di più.

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