Questa storia comincia molti anni fa, quando andai a vivere in quella che ancora oggi è la mia casa.
Prima di poterci abitare furono necessari dei lavori perché la casa, disabitata da molti anni, era in cattive condizioni. E altrettanto malridotto era il giardino, dove erano sopravvissute ben poche piante, asfittiche e inselvatichite. Proprio accanto all’ingresso di casa, al centro di un’aiuola che sembrava piccola, annegato fra l’erba alta, si distingueva appena un alberello sparuto, alto un metro o poco più, dal tronco esile e dai rami filiformi, dalle rade ma bellissime foglie allungate, simili a quelle dell’oleandro ma più verdi. Domandai ai vicini che albero fosse, mi risposero che doveva essere selvatico perché non l’avevano mai visto fiorire. A me, però, piaceva e decisi di tenerlo. Ma poi arrivarono gli imbianchini e montarono dei ponteggi. L’alberello era loro di ostacolo e così, senza tanti complimenti, gli diedero una spinta e lo buttarono giù. La povera pianta si piegò all’attaccatura delle radici, senza spezzarsi, e rimase abbattuta al suolo per diversi giorni, benché io, accortami del malfatto, avessi protestato vivacemente con il capomastro: ormai il ponteggio era montato, bisognava aspettare che il lavoro fosse finito. Quando finalmente smontarono tutto, disperavo di salvare la pianta. Fu proprio il capomastro che, sentendosi in colpa, la tirò su e la puntellò con un’asse perché si reggesse. Feci ripulire l’aiuola -che si rivelò piuttosto grande, tanto da poter contenere diverse altre piante-, innaffiai e concimai la pianta, e quella incredibilmente si riprese. La sistemai, poi, con dei buoni sostegni perché potesse sopportare il vento invernale.
Passò qualche mese e misi a dimora, intorno al “mio” alberello, delle piantine di erbe aromatiche. Il suo tronco era ormai bello robusto e la sua altezza raddoppiata. Sui rami, insieme a molte foglie nuove, c’erano delle strane bacche verdi, che nel giro di qualche tempo divennero gialle. Chissà che pianta è, continuavo a chiedermi. Una mattina mi affaccio e... le bacche erano “esplose” trasformandosi in splendidi fiori gialli, simili alle mimose, ma molto più grandi. L’alberello rachitico, che non fioriva mai, era diventato una pianta bellissima.
E le piante aromatiche? Anche quelle crescevano, protette dall’albero come da una chioccia amorosa.
Venne l’estate che, quell’anno, fu lunga e caldissima. Le innaffiature non bastavano mai: dopo un’ora, il terreno era asciutto. Le piante degli altri giardini languivano, ed anche alcune delle mie. Ma nell’aiuola tutto andava bene: l’albero riparava con la sua chioma le piante aromatiche e queste, ormai folte, trattenevano l’acqua per le sue radici. Anche quando mi assentai per quindici giorni, in pieno agosto, trovai albero e piante un po’ affaticati, ma in buona salute.
(continua nel prossimo post)